Una visione scettica e sospettosa è ciò che più è ammirabile in un popolo che giudica chi esercita il potere su di esso. Un popolo cosciente del fatto che chi li governa può anche non agire nell’interesse dei più è un popolo sano, capace di elaborare un pensiero autonomo e libero.
Siamo esseri dubbiosi, quindi pensiamo, quindi siamo. Però, ammettiamolo, a volte esageriamo. Il nostro sano principio dubitativo si trasforma in una critica negativa sul tutto, travasata da un crogiolo di opinioni personali in un piatto che non ha bordi per contenerle e alla fine rimane vuoto.
E’ Il Caso Delle Norme Gender:
Ed è proprio a causa di un ingorgo di pareri contrastanti che oggi ci troviamo ad affrontare casi eclatanti come quello delle “norme gender”, un drammatico malinteso che in questi mesi sta facendo discutere, anche in seguito ad eventi come quello in cui i genitori di una bambina hanno ritirato dalla scuola elementare la loro figlioletta accusando il maestro di aver letto favole “gender” in classe. Ma partiamo dal principio.
Ecco come è nato il fraintendimento:
Durante il mese di luglio è stata approvata “La Buona Scuola”. Abbiamo ascoltato le motivazioni per cui, secondo alcuni, questa riforma dell’istruzione non s’aveva da fare, e fiduciosi del fatto che chi stava gridando allo scandalo avesse letto attentamente il testo completo del Ministero dell’Istruzione, abbiamo visto dare sempre più spazio alla polemica riguardante la legge 13/7/2015, n.107, in particolare l’articolo 16, che recita: “L’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo (..) l’educazione alla parità dei sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”.
Il ministro Giannini dovrà ammettere che quella parola, “genere”, non la avrebbe usata se avesse saputo fin da prima che le menti più contorte e maliziose avrebbero fatto un’associazione linguistica spregevole, associando i bambini al sesso: Per chi non lo sapesse, “gender” in inglese significa “genere sessuale”. L’utilizzo da parte degli “antigenders” del termine inglese piuttosto che quello italiano non è casuale. La tattica è quella di spaventare i genitori.
E la tattica funziona:
Accade oggi, a Massa, che una bambina è stata ritirata dalla scuola elementare dopo che i suoi genitori hanno espresso il disappunto per le “favole gender” lette in classe dalla maestra. Le letture incriminate sono “Una bambola per Alberto” e “Salverò la principessa”, due libri per bambini della collana “Giralangolo”. Il vescovo di Massa ha applaudito al gesto del padre e la madre della piccola. Al contrario gli altri genitori hanno subito scagionato la docente dopo essersi accertati della bontà dei testi in questione, e hanno invece puntato il dito contro l’eccessiva reazione dei genitori della bambina.
Ma quello di Massa non è un caso isolato.
La paura ha preso il sopravvento; un testo di legge dove si imponeva che nelle scuole italiane venissero insegnati fin dalla prima infanzia dei principi sacrosanti come il rispetto per le diversità, l’importanza delle pari opportunità e il disprezzo della violenza di genere, si è trasformato in poco tempo in un pretesto per infuocare gli animi.
Ma mettiamo le cose in chiaro:
Non esiste alcuna normativa statale con il quale si voglia indirizzare e/o deviare l’orientamento sessuale di nessuno; chi dice il contrario sta raccontando una grossa frottola.
Il sospetto è che qualche personaggio fazioso abbia colto l’occasione per lanciare una campagna pubblicitaria omofoba, cavalcando l’onda dell’argomento più trattato dai giornalisti in quei giorni, ovvero la riforma de La Buona Scuola, una delle svolte più importanti dai tempi di Gentile, e sul quale ci sarebbe ancora tanto da discutere.
Ancora una volta dobbiamo fare attenzione a ciò che leggiamo su internet e tramite i media. Tornerà utile un buon consiglio che ho ricevuto proprio sui banchi di scuola: “Non fidatevi ciecamente: cercate le fonti delle vostre informazioni, indagate sui vostri informatori”.
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