Con il suo “Indignarsi non basta” Pietro Ingrao ribatte ad “Indignatevi!” di Hessel.
Sembra tutto fuorché indignato l’uomo che, in modo pacato, racconta di sé a Fabio Fazio nella puntata di “Che tempo che fa”, del 17 aprile scorso.
Eppure Stéphane Hessel è l’autore di un libretto che in poco tempo ha fatto il giro del mondo intitolato, proprio così: “Indignatevi!”.
Tedesco di origine ebraica, naturalizzato francese, sopravvissuto al campo di prigionia, combatterà per la liberazione della Francia dai nazisti e farà parte della commissione incaricata di elaborare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
All’età di 93 anni Hessel lancia il suo appello ai giovani. E lo fa in sole trenta pagine, puntando soprattutto sull’importanza dell’indignazione contro l’apatia e l’indifferenza, e di un’insurrezione che sia del tutto pacifica, seguendo i modelli di Mandela e Martin Luther King.
Nel marzo 2011, un mese dopo la seconda ristampa italiana di “Indignatevi!”, arriva la risposta di Pietro Ingrao ad Hessel: “Indignarsi non basta” è il testo di quest’altro ultranovantenne, pilastro della Resistenza in Italia, ma anche direttore dell’Unità, deputato e poeta.
La sua è una presa di posizione altrettanto stringata e sincera, con un titolo che forse, lascia presagire un’opera un po’ diversa da quella che si percepisce appena si iniziano a sfogliare le prime pagine.
Perché dicendo che “indignarsi non basta”, Ingrao non intende svilire il messaggio di Hessel, ma semplicemente portarlo a termine, mettendoci in guardia di fronte alla sterilità di un qualunquismo sconclusionato, incapace di proposte costruttive.
Indignarsi è condizione necessaria ma non sufficiente, è il sentimento che deve trovare una forma politico-istituzionale adeguata.
“Bisogna costruire una relazione condivisa, attiva. Poi la puoi chiamare movimento o partito o in altro modo”, afferma Ingrao. Altrimenti non si può creare la democrazia, il governo del popolo, ma si rimane tra le lamentele trite di un popolo senza governo.
L’“indignatevi” di Hessel sembra essere tradotto da Ingrao con la necessità di cercare delle strutture e delle figure degne di rappresentarci. Per non lasciare che l’indignazione appassisca senza cure nelle piazze occorre riempirla di attenzioni, in modo da farla diventare qualcosa di più grande, al servizio di tutti.
Per questo, forse i loro messaggi non sono così diversi, ma quello di Ingrao può essere considerato una precisazione di un punto che in Hessel rimaneva implicito. Precisazione che forse c’era bisogno di fare nel contesto italiano in cui la politica, tra scandali e rivelazioni, prende sempre più un volto umano, perdendo la propria credibilità istituzionale, alimentando la sfiducia dei cittadini, spingendoli così a cercare consolazione nel sentire ripetere all’infinito il male collettivo.
Noi comuni cittadini con la nostra indignazione dobbiamo contribuire a costruire l’edificio dello Stato e della Democrazia, attivamente, attraverso il diritto di voto, e attraverso iniziative come petizioni, referendum. Ma per la tutela degli interessi di tutti è necessario che nel palazzo costruito con le nostre mani ci sia un valido “amministratore di condominio”. Altrimenti si rimane impigliati in una rete di liti, dispetti e maldicenze da cui è impossibile liberarsi.
Pietro Ingrao, ci ricorda che la semplice indignazione “è una risposta perfino elementare”. E di certo le sue parole non possono sembrare intrise di un autoritarismo intransigente se si pensa al modo in cui ha iniziato a fare politica, partendo dal basso, mettendo a rischio la propria vita.
Forse, c’è più rabbia nei confronti di tutto il “troppo” che non funziona nel nostro paese nel suo pamphlet che in quello di Hessel, in cui l’indignazione del titolo appare come forza positiva in grado di muovere il mondo, in sinergia con la speranza in un futuro migliore costruito da noi giovani.
Guarda Stéphane Hessel a “Che tempo che fa”:
Video Rai.TV – Che tempo che fa 2010-2011 – Che tempo che fa 17/04/11.
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