Un ragazzo di 28 anni, un giovane attivista gay, era sparito da casa il 4 gennaio scorso. Anche il programma televisivo “chi l’ha visto” si era occupato del suo caso. Martedì 7 gennaio alle 16:00 viene ritrovato morto ammazzato. Il primo caso di omicidio a sfondo omofobico del 2014.
L omicida aveva precedenti per rapina, droga e guida sotto effetto di alcolici. Da qualche settimana frequentava Daniele, residente della Magliana, lavorava come parrucchiere. Andrea Troisio, 32 anni, tossicodipendente, da poco tempo ospite della comunità di recupero Villa Maraini, lo ha barbaramente assassinato a ridosso della pista ciclabile di via Pescaglia a Roma. Il corpo del ragazzo è stato scoperto fra i rovi sotto la pista. Andrea è stato arrestato e interrogato, ha ammesso l’omicidio, ma ancora sono poco chiari troppi aspetti della vicenda.
Vari giornali riportano come “il delitto sarebbe avvenuto all’improvviso, al culmine di un litigio, forse proprio sulla ciclabile, dove i due stavano facendo una passeggiata. Il parrucchiere, secondo la ricostruzione della Squadra mobile, diretta da Renato Cortese, è stato colpito due volte con un punteruolo che poi il trentenne potrebbe aver gettato nel Tevere. Il movente sarebbe da ricercare nelle richieste della vittima di avere una relazione stabile con il tossicodipendente – identificato attraverso i tabulati telefonici di Daniele anche nelle ultime ore di vita e nei giorni precedenti. In particolare la vittima si sarebbe opposta a un rapporto sessuale sulla ciclabile con il suo presunto assassino che a quel punto ha perso la testa colpendolo due volte con un punteruolo e scaraventandolo poi nella scarpata. I due colpi inferti con un punteruolo o un cacciavite erano stati in precedenza scambiati per colpi di proiettile”.
Un proiettile oltre al foro di entrata ha anche quello di uscita, altrimenti vuol dire che è rimasto nel corpo. Ci si chiede come sia possibile scambiare per un colpo di pistola la ferita lasciata da un punteruolo. Ma andiamo avanti.
Secondo le ricostruzioni “Troisio si è poi allontanato facendo sparire sia l’arma del delitto sia il borsello con gli effetti personali e il cellulare di Fulli. Gli investigatori, però, sottolineano che le indagini non sono ancora concluse. Non si escludono altre ipotesi, a cominciare da quella di una richiesta di soldi da parte del presunto omicida rifiutati dal parrucchiere. L’autopsia dovrà accertare la dinamica dei fatti: non è chiaro se i due abbiano avuto un rapporto sessuale sulla ciclabile o nei dintorni prima della lite, oppure se il fatto che Fulli sia stato trovato con i pantaloni abbassati è collegato a una delle due ferite – quella all’inguine – provocate dal punteruolo. Non si esclude l’inizio dell’aggressione sfociata poi nel delitto.”
Le ipotesi fatte dalla stampa e dagli inquirenti tradiscono però una visione così ricca di pregiudizi e discriminazioni che è come se Daniele venisse colpito ancora. Secondo quanto riportato da varie testate giornalistiche: “I pantaloni abbassati della vittima fanno pensare ad un rapporto consumato” con il carnefice “ma escludo che il delitto sia stato premeditato, ha spiegato il capo della Squadra mobile di Roma Renato Cortese durante una conferenza stampa.”
Daniele è stato ucciso sul luogo. L’omicida aveva presumibilmente con sé il punteruolo. Chi è che gira con un punteruolo o un cacciavite in tasca? In base a cosa Cortese esclude la premeditazione?
Sul movente dell’omicidio nessuno ha pensato di chiedere all’assassino e gli inquirenti presentano delle ipotesi : la vittima potrebbe aver rifiutato un rapporto sessuale e per questo sarebbe stato ucciso. Una seconda ipotesi racconta invece che forse Daniele cercava una relazione più stabile mentre Andrea voleva rapporti di sesso occasionale. Al termine di una lite, dopo un rapporto sessuale, Andrea si sarebbe dunque lanciato su Daniele e lo avrebbe colpito più volte fino ad ucciderlo. Sarebbe quindi in ogni caso esclusa la premeditazione.
Andrea cioè non ne voleva sapere di Daniele e dopo aver consumato il rapporto lo uccide?Perchè si pensa che Daniele cercasse una relazione più stabile e che Andrea non ne volesse sapere?
Questa modalità di comunicazione induce il lettore a pensare che Daniele, gay dichiarato, voleva una relazione al di là del rapporto sessuale occasionale, mentre Andrea, che viene descritto come tossicodipendente senza che il suo orientamento sessuale venga definito (nessuno glielo è andato a chiedere evidentemente) no. Basta questo perchè si parli di delitto passionale.
Normalmente con questa parafrasi si descrive un omicida che sia mosso da un “amore” così forte che dinanzi al rifiuto della vittima reagisce con un gesto estremo di aggressione.
Se fosse un “delitto passionale” allora quello a volere la storia fissa sarebbe dovuto essere Andrea, che difronte un eventuale rifiuto di Daniele avrebbe reagito uccidendolo. L’idea di delitto passionale qui subisce un’ inversione totale. Non innamorato folle ma esasperato folle. Se un uomo ammazza una donna è perchè la ama tanto. Se un uomo (il cui orientamento sessuale non è meglio specificato) ammazza un gay, lo fa perchè il gay lo esaspera, lo infastidisce. Perchè il gay avrebbe voluto una relazione più stabile mentre il tossico solo rapporti occasionali.
Quello che preme agli inquirenti e alla stampa evidentemente è di dimostrare che questo caso, almeno questo, non abbia un movente omofobico.“Secondo quanto si e’ appreso i due si frequentavano da pochi giorni e il movente dell’omicidio sarebbe solo passionale.” State tranquilli militanti gay e lesbiche. Non si è trattato di omofobia ma solo di passione.
Quello che gli inquirenti e la stampa non hanno pensato è che, se i fatti si sono davvero svolti così, se cioè Andrea e Daniele hanno prima consumato un rapporto sessuale e poi Andrea ha ammazzato Daniele, il movente omofobico potrebbe essere ancora presente: potrebbe essere la reazione che molti uomini hanno nei confronti del partner occasionale dello stesso sesso col quale hanno appena consumato un rapporto sessuale: rifiuto, disgusto, paura.
“Guarda cosa mi hai fatto fare!”Altro che delitto passionale. E’ un delitto mosso dall’odio per quello che si è e che si odia in sé, al punto tale da negarlo e per farlo bisogna cancellare la persona che lo sa e che lo ha fatto emergere in se stessi. Andrea è sia colpevole in quanto omicida, sia vittima dello stesso stigma omofobico che lo ha indotto a vivere in maniera problematica il proprio comportamento sessuale, al punto tale da indurre in se stesso, e poi proiettarlo nell’altro, un odio così feroce da degenerare in omicidio. Ecco qual è la vera emergenza omofobia. È il clima di una società, e non le singole situazioni, che inducono quei gesti, che dà loro un significato piuttosto di un altro.
In questo caso l “omicidio omofobico” diventa invece passionale. Il capo della digos Cortese vuole assolutamente scongiurare che non si è trattato di omofobia ma di un delitto passionale. C’è però da sottolineare – per fortuna dichiara Fabrizio Marrazzo – che a livello di opinione pubblica non può passare il messaggio che Daniele se la sia cercata, che siamo di fronte a fatti normali per chi vive relazioni e rapporti omosessuali, che ci sia una sorta di destino segnato per chi è gay, che quelli che vengono definiti omicidi maturati in ambienti gay siano frutto di vite minori. Daniele è stato una vittima di violenza, per noi era un amico e come tale lo ricorderemo”
LA MANIFESTAZIONE giovedì 9 gennaio alle 21 si è svolta la prima manifestazione alla Gay Street: «Ciao Daniele, vogliamo la verità. I tuoi amici» sono le parole sullo striscione che è stato affisso in via di San Giovanni in Laterano, a Roma, per ricordare il giovane. Un’iniziativa del Gay Center, l’associazione di cui Fulli era volontario, tenutasi nella Gay Street, ambiente che il ragazzo frequentava abitualmente. «E’ il nostro primo e immediato modo di ricordare tutti insieme Daniele – ha detto Fabrizio Marrazzo, portavoce dell’associazione, che ha colto l’occasione per ricordare «gli oltre 200 casi che dagli anni ‘90 fino ai primi anni del 2000 si sono susseguiti in Italia, ed in particolare a Roma, molti dei quali ancora senza colpevole.Sabato 11 Gennaio si è svolta la marcia simbolica all’ora del delitto, le ore 16:00 e la deposizione di fiori sul viadotto della Magliana.Resto incredula di fronte all’efferatezza di questo omicidio – dichiara la consigliera Sel accorsa sul luogo del ritrovamento – il Governo deve rispondere prontamente all’appello del Sindaco e stanziare fondi da destinare immediatamente alla vivibilità della cittá, alla dotazione di risorse per mettere in campo misure di informazione e prevenzione contro l’omofobia, da realizzare in collaborazione con tutte le associazioni lgbt. Servono decaloghi di comportamenti responsabili per evitare l’esposizione ai rischi, serve il potenziamento delle reti di intervento sull’emergenza, ma soprattutto é urgente la legge contro l’omofobia, per porre un argine di legalità a questa crescente violenza.
Insieme alle associazioni hanno marciato tanti cittadini del quartiere Magliana per ricordare il 28enne ucciso.Sono state accese delle lanterne che si sono levano in cielo. Sullo sfondo il Colosseo quadrato al tramonto, stagliato sull’orizzonte della Magliana. In lutto tutto il quartiere costruito sull’ansa del Tevere, perché uno dei suoi figli, uno di quelli più buoni e generosi, non c’è più.”Non ti dimenticheremo”, recitava lo striscione che apriva la marcia. Tutti con un fiore in mano o un mazzo di rose, passando sotto casa di Daniele, in via Pescaglia. Qui è partito un applauso spontaneo, per poi proseguire fino al punto dove è stato trovato il corpo. Qui tutti si sono raccolti attorno al luogo del ritrovamento, dove hanno posato i fiori vicino a un cero acceso.Una marcia che ha rifiutato le etichette. “Noi siamo gente di questo quartiere e Daniele era un ragazzo buono di questo quartiere. Siamo qui per lui, una manifestazione di tutta la comunità”.
“Le centinaia di persone che si sono strette oggi nel ricordo di Daniele Fulli, sono la risposta di un’intera comunità alla brutalità che l’ha colpita”, dichiara Maurizio Veloccia, Presidente del Municipio Roma XI, sceso in strada per ricordare Daniele. “Questo è un quartiere con un grande cuore e con un grande senso di comunità”, ha proseguito il presidente. “Di fronte ad episodi come questi deve essere ancora più grande l’impegno di tutti, Istituzioni in primis, per contrastare i fenomeni di emarginazione e stringere, ancore di più, le maglie del tessuto sociale del territorio, mettendo in campo iniziative ed azioni concrete. È nostra intenzione intitolare a Daniele il nuovo Parco che sta nascendo a Magliana, sulla Golena del Tevere, per mantenere vivo il suo ricordo”.
Difronte l’ennesimo brutale caso di omofobia il Primo Ministro e il Governo italiano hanno il dovere morale e politico di fare qualcosa, di legiferare e proteggere, con leggi, misure adeguate, educazione e promozione di un cambio culturale profondo, le persone LGTB di questo paese, così come le persone appartenenti ad ogni minoranza. Che si metta da parte il patetico protagonismo da avanspettacolo, le parole ed espressioni come “ferma determinazione”, “ambizione”, “risoluzione” e sposino l’umanità insieme al diritto al benessere materiale e personale dei cittadini di questo paese dove ognuno può crearsi da sé un mondo dove valgono solo le “sue” leggi e le “sue” credenze. E agire di conseguenza, più o meno impunemente.
Capiscano Enrico Letta ed il suo Governo che la loro mancanza d’azione, arriva dopo vent’anni di completa inazione su qualsiasi fronte, che ha trasformato questo paese in un piccolo far west dove ognuno pensa di poter fare ciò che vuole e in cui giustizia ed azioni da intraprendere contro chi si ritiene “fuori dal coro” sono un fatto “personale” e non “culturale”. Le minoranze di questo paese, quella LGTB in particolare, sono in costante pericolo . Questa immobilità rende complici, ipocrita pensare basti onorare e riconoscerele persone solo dopo che sono diventate “vittime” o addirittura uccisi, disprezzando le giuste istanze di coloro che sono vivi ed ignorandone i diritti.
Giovanni Maiuri
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